ESPERIENZE NAZIONALI E INTERNAZIONALI: SOLUZIONI ABITATIVE IN COHOUSING – INDICAZIONI
Fardknappen, Stoccolma: una casa per la seconda parte della vita
Localizzazione: Södermalm, Stoccolma (Svezia), sul sito della stazione di Södra
Committente: associazione privata di cittadini
Numero e tipologia degli alloggi: 43 appartamenti, di una, due o tre camere, per una superficie che va da 37 a 75 mq.
Destinatari degli alloggi: persone con almeno 40 anni di età e senza più figli conviventi
Soggetti coinvolti: Società edilizia pubblica “Familjebostäder”
Servizi presenti: al piano terra ampio ingresso, cucina, sala da pranzo, soggiorno con biblioteca e angolo per il cucito, stanza per la tessitura, lavanderia, stanza hobby/carpenteria; nel seminterrato cantine individuali, magazzino-dispensa collettivo, palestra, sauna e un piccolo laboratorio fotografico, più un “ufficio”, a disposizione di tutti, con computer, fotocopiatrice, materiale di cancelleria, etc.; la parte abitativa comprende anche un’area collettiva e sono camere in affitto a costi contenuti per eventuali ospiti; al piano superiore c’è una stanza “multi-funzione” con camino e un contiguo giardino pensile all’aperto.
Modalità di Gestione dell’immobile e dei servizi: collettiva, in base ad alcune regole condivise: preparazione in cucina dei pasti comuni; cura personale della casa e del giardino; si impara l’uno dall’altro mentre si attende alle faccende quotidiane; ciascuno dà una mano all’altro, se, o quando, le forze cominciano a declinare; tutti devono far parte di un gruppo di cucina e di pulizia, e “ognuno partecipa secondo la propria capacità”.
Färdknäppen è un edificio di proprietà collettiva dove si è dato vita a una comunità particolare, che condivide la vita quotidiana anche allo scopo di renderla più facile e divertente nel momento in cui viene meno, con l’avanzare dell’età, il senso di “unità” della vita familiare e lavorativa.
L’iniziativa nasce per volontà di alcune persone di mezza età che, preoccupate del loro futuro e di quelle che sarebbero state le loro condizioni di vita da anziane, si posero due domande:
- Come possono le persone di mezza età aiutarsi tra loro nell’avere più contatti sociali, raggiungere una migliore qualità di vita, essere meno dipendenti dai servizi offerti dalla collettività, vivendo più vicine in un ambiente adeguato?
- Come dovrebbe essere progettato un edificio perché incoraggi le persone di età media a lasciare “il nido vuoto”, ormai abbandonato dai figli, cosicché l’appartamento grande lasciato libero possa essere utilizzato da famiglie con figli?
Nel 1987, i promotori diedero vita ad un’associazione e per due anni si è discusso sui possibili progetti, contattando politici e altre personalità. Nel 1989, quando la società pubblica “Familjebostäder” si offrì di costruire la casa, fu avviato un intenso dialogo con architetti, direttori dei lavori e costruttori, sulla progettazione, le rifiniture interne e le apparecchiature per la futura casa. Da questa cooperazione è nata una casa che è molto simile all’idea originaria.
Non è né una casa esclusivamente per anziani, né una normale casa collettiva. Per viverci è necessario condividere l’idea di trascorrere in co-residenza la “seconda metà della vita”, ma un dato significativo è costituito dal fatto che i residenti hanno età diverse: quelli che ancora lavorano apportano nuovi impulsi all’interno e ricevono, in cambio, servizi dai pensionati, che hanno più tempo libero per preparare i pasti o aver cura della casa.
A parte i contatti sociali, vivere qui comporta anche sostanziali vantaggi pratici ed economici. Chi vive a Färdknäppen ha a disposizione, al prezzo di un appartamento di media grandezza, una casa di oltre 400 mq. I pasti comuni fanno risparmiare molto tempo e sono meno costosi dei pranzi in casa propria. Qui non si deve possedere una propria lavatrice, una macchina per cucire, un televisore, l’abbonamento a un quotidiano. L’avere a disposizione una stanza carpenteria e degli attrezzi dà la possibilità di occuparsi di piccoli lavori di riparazione o mantenimento, che altrimenti si dovrebbero affidare a chi lo fa di mestiere. Anche se la maggior parte degli appartamenti è relativamente piccola, c’è la possibilità di ospitare persone o organizzare delle feste. Si organizzano inoltre letture, serate musicali, al pub o al teatro insieme, e così via.
Cooperativa Ansaloni, via Scandellara a Bologna: un nuovo modo di abitare nella terza età (2004)
Localizzazione: via Scandellara, Bologna
Committente: Cooperativa Ansaloni
Numero e tipologia degli alloggi: 40, in affitto, a piano terra per disabili (con giardino), al 1° piano 4 alloggi per due persone, al 2° 2 alloggi per coppie e 3 per anziani soli
Tipologia abitativa: 4 palazzine di 10 alloggi ciascuna, di 3 piani abitabili
Destinatari degli alloggi: anziani pensionati, singoli o in coppia; disabili
Soggetti coinvolti: cooperativa Ansaloni, cooperativa sociale Cadiae
Servizi presenti: locali collettivi e asilo nido al pian terreno
Tecnologie installate: rivelatori per fughe di gas, fumi, allagamenti; allarme sanitario per le situazioni di emergenza; sistemi antintrusione in casa, nei garage e nelle zone di accesso; cronotermostati ambiente; sanitari sospesi, finiture e apparecchiature più adatte all’uso di persone ipovedenti e ipoudenti; pannelli solari per la produzione di acqua calda, pannelli radianti a pavimento e caldaie a condensazione.
Modalità di Gestione dell’immobile e dei servizi:
I residenti, tutti anziani dell’età media di 80 anni, sperimentano una pratica quotidiana di mutuo aiuto, scambiandosi reciprocamente le chiavi degli appartamenti. Inoltre i più giovani, dotati di vettura, accompagnano chi ne è sprovvisto nei vari spostamenti, e ricevono in cambio un aiuto al momento del bisogno, magari un dolce per una festa di compleanno.
Molto sviluppata l’attività sociale e ricreativa: giochi di gruppo occupano tutte le sere invernali; feste con pranzi in ogni ricorrenza; gite; balli e iniziative culturali. Ciascuno partecipa alle spese con una piccola quota annua, stabilita di comune accordo. Inoltre, per facilitare la vita di relazione, la cooperativa Ansaloni sostiene direttamente alcune spese, come quelle per le utenze degli spazi collettivi, o per promuovere corsi di ginnastica.
Non secondario nel successo dell’iniziativa, è l’apporto dei figli degli anziani, che mantengono relazioni molto strette con i propri genitori: è proprio la presenza di un generoso genero neopensionato ad assicurare tutti gli interventi di manutenzione del verde e di gestione del riscaldamento, in collaborazione con gruppi di anziani. Nei locali collettivi della cooperativa è stato poi insediato un micro nido per 16 bambini, gestito dalla cooperativa sociale Cadiae: l’accesso avviene dallo stesso percorso di collegamento alle residenze e gli anziani possono partecipare alla vita quotidiana di bambini e famiglie che attraversano gli spazi comuni del complesso, scambiando notizie della vita di ogni giorno. Tutti gli spazi esterni sono visibili e controllabili reciprocamente, con un rafforzamento delle occasioni di socializzazione e delle condizioni di sicurezza.
Urban Village Bovisa 01, prima esperienza di cohousing in Italia
Localizzazione: via Giudice Maddalena Donadoni, 12 Milano Area industriale dismessa (ex fabbrica di tappi), nei pressi della sede universitaria di via Durando
Committente: Cohousing Ventures Srl, società nata per iniziativa dell’Agenzia per l’Innovazione sociale INNOSENSE Partnership e del Dipartimento INDACO del Politecnico di Milano
Numero e tipologia degli alloggi: 32, di vario taglio e tipologia (loft, duplex, mansarda, appartamenti tradizionali)
Tipologia abitativa: palazzina di n. 3 piani disposta ad U attorno a una corte aperta di circa mq 400
Destinatari degli alloggi: famiglie, single, giovani coppie, anzianiSoggetti coinvolti: Studio di progettazione architettonica Loftland Srl; nuclei di utenza interessati
Servizi presenti: Living room con cucina comune, sala hobby/ciclofficina, lavanderia comune, giardino con orto degli aromi, piscina scoperta con solarium
Modalità di Gestione dell’immobile e dei servizi: i cohousers si occupano della gestione, interfacciandosi con l’amministratore di condominio
Finanziamenti: Fondi privati
Sondato l’interesse dei cittadini milanesi rispetto al tema dell’abitazione condivisa, attraverso l’elaborazione del sondaggio-evento ABITOMILANO, nel gennaio 2006 viene promosso il primo progetto di cohousing. Un’esperienza tutta italiana denominata “Urban Village Bovisa 01”: a pochi passi dal Politecnico di Milano, in un ex opificio, è stato concepito un progetto di 32 unità abitative con circa 700 mq di spazi comuni. La Bovisa, quartiere in cui è localizzato “UVB01”, è un’area urbanisticamente interessante, oggetto di importanti trasformazioni e rigenerazioni, ben servita e connessa con la città.
Nel giugno 2006 è partito il processo di formazione della comunità residenziale, coinvolgendo le famiglie e le persone che hanno espresso interesse per il progetto. Il processo partecipativo, coordinato da un project manager e gestito da facilitatori sociali, che aiutano ad intraprendere decisioni consensuali, serve innanzitutto per coinvolgere le persone interessate nella costruzione di una visione condivisa della comunità definendo l’identità del gruppo ed i valori su cui si basa. I diversi soggetti coinvolti nel processo hanno lavorato inizialmente attorno a tavoli di discussione, utilizzando strumenti di interazione quali brainstorming e sessioni di workshop.
Nella prima fase, quella di warm-up, è stata utilizzata la tecnica dei gruppi rappresentativi, utile per costruire i valori condivisi della comunità. Successivamente sono state previste due giornate di workshop con l’obiettivo di costruire un’immagine progettuale condivisa dello scenario abitativo. In questa occasione i cohousers hanno identificato le attività che desideravano condividere e le hanno idealmente collocate negli spazi comuni di Bovisa, fornendo così le indicazioni sull’uso che la comunità intendeva fare di questi spazi.
In questa fase del processo è stato utilizzato uno degli strumenti realizzati dal gruppo dei designer di servizi per facilitare la scelta delle attività da parte degli utenti, quello delle activity cards: un mazzo di 65 carte, suddivise in 4 macro aree (convivialità, la cura di, organizzazione, il tempo per) e 15 categorie (è pronto intavola, svago, aprire il cohousing, corsi e cultura, bambini, animali, piccole pratiche, utile e necessario, gestione, lavoro, mobilità, hobby, sport, benessere, verde), dove comincia a configurarsi la dimensione poetica della rappresentazione. Queste “carte da gioco” sono state infatti graficamente pensate per dare rilievo alle azioni, ai gesti compiuti dalle persone: ridisegnando i luoghi con un lieve tratto grafico si è voluto astrarre i gesti dal contesto fisico in cui venivano compiuti, per dare loro più importanza e permettere così alle persone di immaginare il luogo fisico nella propria mente. Altrettanto interessante è stato poter osservare direttamente come le “activity cards” siano servite a far dialogare ed esprimere preferenze concrete da parte di tutti i membri della comunità.
Oggi i cohousers della Bovisa condividono un living room con cucina comune, dove si ritrovano per vedere i film, far giocare i bambini e organizzare corsi workshop di cucina con cadenza mensile. Altri spazi comuni sono la lavanderia e l’hobby room a piano interrato, la piscina con solarium ed il giardino comune con l’angolo degli aromi.Il ruolo del “design dei servizi”
Il gioco di squadra è stato fondamentale per il buon avvio di “Urban Village Bovisa 01”. Il designer ha svolto un ruolo centrale non solo per la progettazione di alcuni strumenti, ma anche per la definizione di linee guida e la visualizzazione dell’intero iter.
Sia il processo che gli strumenti sono stati testati dagli stessi progettisti e dall’intero team di lavoro durante una serie di incontri preliminari svoltisi all’interno del Politecnico di Milano. In questi incontri è stata valutata non solo la linearità del processo, ma anche l’efficacia di tutti gli strumenti (dai più tradizionali “post-it” alle più originali “activity cards”) che si intendeva adoperare, in modo da poter decidere la metodologia con cui somministrarli agli utenti.
Le “activity cards”, come gli altri strumenti di lavoro e visualizzazione, fanno parte di un “toolkit” (una sorta di scatola degli attrezzi) creato dai designer con lo scopo di facilitare il dialogo tra utenti e tra progettisti e utenti. Il “toolkit”, favorisce la dimensione organizzativa, lasciando alle persone non solo la libertà di esprimersi liberamente ma anche il compito di progettare insieme una parte del servizio.